Ciao con la mano.
Entra pallida in volto, occhiali circolari neri, pollice avvolto in un fazzoletto.
Capelli scuri a caschetto, minuta.
Mi sono tagliata lavando i piatti.
Studentessa sicuramente, l’ho già vista,
abita da queste parti.
Mi aiuta? Ho bisogno di medicazione.
Quando ho cominciato a lavorare in farmacia non mi era molto chiaro il vero ruolo del farmacista, ho sempre pensato che fosse il mestiere che poteva mettere insieme i miei interessi di biologia e chimica.
In realtà le competenze da acquisire nelle relazioni umane sono fondamentali.
Mi ricordo di Renato e il suo odore di tabacco da pipa, il proprietario della prima farmacia in cui ho lavorato a Guidonia, che mi disse al terzo giorno di lavoro …
“..Mo’ basta, le sai mette a posto le medicine, va’ al banco e guarda le persone in faccia,
cerca de capì che bisogni c’hanno, e daje quarcosa,
e poi, famme il favore non guardarti le mani, guarda in faccia la gente, è importante.”
Per me quella fu una violenza inaudita, ma l’ho fatto.
Ho cominciato in maniera sistematica a fare “masking”, mascherare i miei tratti autistici.
Il mio corpo si ribellava, sentivo l'adrenalina scorrere nelle vene,
sudato e confuso.
La fine della giornata era sempre al limite del “meltdown”, della rottura.
Anche ora succede, più dì rado.
Renato mi voleva bene.
Adesso dopo tanti anni quel rapporto con le persone lo cerco .
Fammi vedere, un taglio profondo?
Si, non lo so, credo di si, non ho coraggio di vedere.
Scopre il pollice dal fazzoletto, gira la testa dall’altra parte.
Beh insomma, bel taglio.
La sento sussultare.
Va bene adesso ti aiuto, forse ci vorrebbe un punto di sutura.
Prendo disinfettante, garze e cerotti.
Esamino il piccolo pollice della studentessa.
Lo ripulisco dal sangue col disinfettante, con cura, mi accerto che non ci siano residui e sporcizia, taglio il cerotto nella misura giusta,
garza,
copro con una retina.
Tutto a posto.
Non è un mio compito, io sono un chimico e il mio aiuto in altri campi materialmente vale poco, ma lo faccio se posso.
Sono spinto dalla curiosità di conoscere le persone, di capire le loro sensazioni, i sentimenti, riuscire a distinguerli, definirli.
Ma non mi dimentico la bella sensazione di avere cura, attenzione,
la studentessa paurosa è andata via soddisfatta.
“Mo’ è troppo…vabbè vabbè, non esagera’ …”
Avrebbe detto Renato.
Ma lo avrebbe detto con un sorriso e un respiro profondo però.
La ragazza esce dalla farmacia, la seguo con un ultimo sguardo, si gira verso di me.
Un sorriso.
E ciao con la mano.


